ALLE ORIGINI DELLA FEDE: il Battistero Neoniano

“Cristo entrò nel letto del Giordano per consacrare il nostro battesimo, per innalzare al cielo mediante la loro rinascita quanti aveva accolto in terra alla loro nascita” (PIETRO CRISOLOGO, Sermone n. 167, 6).

Il Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana: libera l’uomo dal peccato, lo rigenera come figlio di Dio. Nel Battesimo l’uomo diventa membra di Cristo, è reso partecipe della sua missione (CCC 1213).

Il battistero è il luogo della fede, lo spazio memoriale della resurrezione. E’ il luogo della celebrazione, dove la comunità accoglie coloro che rinascono in Cristo.

Il battistero Neoniano testimonia la presenza del cristianesimo a Ravenna fin dall’epoca antica. La prima fase del battistero è attribuita al vescovo di Ravenna Orso (399-426) e la cattedrale, in suo onore, fu chiamata ursiana. La cupola mosaicata risale invece al vescovo Neone (451-468c) che “decorò splendidamente il battistero della chiesa Ursiana: dispose i mosaici tutt’intorno alla volta con immagini e nomi degli apostoli di tessere dorate, rivestì le pareti di marmi diversi” (dal Liber Pontificalis della chiesa ravennate).

Anticamente si accedeva al suo interno da quattro ingressi, oggi appena visibili, sia all’esterno che all’interno dell’edificio: l’unico mantenuto sempre accessibile fu quello posto in diretto collegamento con la cattedrale per sottolineare lo stretto rapporto tra il Battesimo e l’Eucarestia.

Al centro della volta è raffigurata la scena evangelica del battesimo di Gesù. L’immagine di Cristo, orientata secondo la traiettoria Est-Ovest – secondo l’asse della cattedrale – rimanda alla fede in Gesù Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato della stessa sostanza del Padre. Coloro che ricevono il battesimo, i fotismoi, gli illuminati – così erano chiamati i neofiti – aderiscono al Cristo vero Dio e vero uomo, sole di salvezza venuto “per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte” (Lc 1, 79).

Il secondo registro della cupola presenta l’incedere solenne e vibrante dei dodici apostoli. Vestiti d’oro e di bianco reggono la corona della gloria: “E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce” (1Pt 5,4). Il gruppo dei dodici va letto in stretta relazione al grande clipeo centrale perché è a esso che sono rivolti: guidati da Pietro e da Paolo gli apostoli si dirigono verso Colui che viene da Oriente, verso il Cristo vero Dio e vero uomo, il re della gloria.

Il terzo registro, appena sotto agli apostoli, mostra all’interno di una solenne architettura quattro troni e, alternati ad essi in corrispondenza con i lati dell’ottagono, altrettanti altari sui quali sono i codici dei vangeli. Piante, fiori, uccelli del cielo riempiono lo spazio ed evocano il giardino del Paradiso (Gn 2, 8), il giardino del Cristo risorto (Gv 19, 41). Spesso, nella riflessione patristica e nei testi liturgici, il battistero è riproposto come il giardino della creazione nel quale l’uomo, in virtù della grazia del sacramento, è riammesso. Scrive Gregorio di Nissa: “Tu, catecumeno, sei fuori dal paradiso, compagno di esilio del nostro padre Adamo; ma ora si apre la porta; rientra da dove eri uscito, e non tardare”.

Le quattro iscrizioni musive poste negli archi delle absidiole rimandano ad altrettante citazioni bibliche. L’iscrizione posta a oriente (Sud-Est), una citazione dal Salmo 32, mostra un evidente legame con la liturgia battesimale nella sua dimensione penitenziale: “Beati coloro a cui sono rimesse le iniquità ed a cui sono tolti i peccati; beato colui a cui il Signore non imputa il peccato” (Salmo 32 (31), 1-2). In asse con questa iscrizione, verso occidente (Nord-Ovest), è nuovamente un Salmo a indicare il senso profondo del sacramento: “Il Signore mi ha condotto in un luogo di Pascolo: mi ha portato ad acque di refrigerio” (Salmo 23, (22), 2). Le altre due iscrizioni, rispettivamente quella di Sud-Ovest e quella di Nord-Est, presentano due passi evangelici: “Gesù camminando sul mare porge la destra a Pietro che sprofonda: al comando del Signore cessò il vento” (Mt 14, 26-33) e “Quando Gesù depose il mantello, mise acqua nella brocca e lavò i piedi ai discepoli” (Gv 13, 4-5).

Il ciclo iconografico del battistero, splendida espressione dell’arte liturgica, presenta i misteri celebrati. In questa prospettiva le immagini dei mosaici sono parte di un’iconografia più ampia, che trova la sua massima espressione e visibilità durante la celebrazione: è lì che si viene a creare una chiara specularità tra ciò che si compie nel rito e ciò che è rappresentato nelle immagini, tra ciò che si compie sulla terra e ciò che si compie nel cielo: liturgia terrestre e liturgia celeste sono, all’unisono, una lode al Dio dei viventi.

Seguendo questa suggestione possiamo notare come all’assemblea radunata per la celebrazione e disposta attorno al fonte, la chiesa terrestre, corrispondano i dodici apostoli, immagine della chiesa celeste, mentre il vescovo celebrante trova corrispondenza nella figura di Giovanni Battista. Al centro del fonte il neofita, nudo, immerso nell’acqua trova piena corrispondenza nel Cristo e in Lui riceve il suo volto di figlio: “O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato” (Rm 6, 3-6).

Giovanni Gardini

 

 

 

 

 

 

 

 

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