Incontro al Risorto

Immagini di resurrezione nella Basilica di Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna
Gli apostoli nel cenacolo
Gli apostoli nel cenacolo, Basilica di Sant'Apollinare Nuovo

La Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, com’è noto, presenta nel registro più alto della navata centrale ventisei scene cristologiche di epoca teodoriciana, immagini tutte fondamentali per comprendere lo sviluppo dell’arte cristiana. Se le scene di sinistra riassumono in modo mirabile la vita pubblica del Signore Gesù, potente in parole ed opere, quelle della parete destra presentano un vero e proprio ciclo pasquale che partendo dalla raffigurazione dell’ultima cena – significativamente posta in simmetria con la rappresentazione delle nozze di Cana nella parete opposta – si conclude con le apparizioni del Risorto.

In tutte le scene di passione il Cristo sovrasta con la sua statura coloro che gli sono vicini ed è raffigurato vestito con la tunica porpora segno di regalità, elementi iconografici che presentano già nella passione, la gloria della croce e rendono evidente come l’arte cristiana sia una rilettura di tutte le Scritture alla luce dell’evento pasquale.

Il racconto della settimana santa inizia con l’ultima cena; questa immagine in Sant’Apollinare Nuovo è una delle più antiche rappresentazioni di questo episodio evangelico e trova un autorevole parallelo nel codice purpureo di Rossano. Il riquadro è incentrato nel momento in cui si svolge il drammatico dialogo tra Gesù e i dodici: «Uno di voi mi tradirà» (Mc 14, 17-21). La scena è dominata da un gioco di sguardi che si fissano su Gesù e su Giuda. Sulla mensa, qui rappresentata come un altare liturgico, sono pani e pesci. Nel secondo pannello è mostrata la preghiera nell’orto del Getsemani: Gesù è raffigurato nella posa dell’orante, come Colui che si affida totalmente al Padre (Mc 14, 32-42). Seguono la scena del bacio di Giuda (Mc 14, 43-49), di Cristo condotto a giudizio (Lc 22, 54) e di Gesù davanti al Sinedrio (Mc 14, 53-65). La sesta e la settima scena hanno come protagonista Pietro. Nella prima immagine Gesù predice il suo tradimento; al centro, su una colonna, sta un gallo a ricordare le parole del Signore: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte» (Mc 14, 26-31). Nella seconda scena si consuma il tradimento di Pietro: alla serva che lo indica come uno dei discepoli di Gesù, Pietro risponde di non averlo mai conosciuto (Mc 14, 66-72). Al tradimento di Pietro fa seguito la scena in cui Giuda riporta i trenta denari ai sacerdoti e agli anziani dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente» (Mt 27, 3-10). Il nono riquadro presenta Gesù condotto davanti a Pilato (Mc 15, 1-15). All’incontro con Pilato fa seguito la salita al monte Calvario (Mc 15, 20-22): il Cireneo porta la croce, che significativamente è realizzata in tessere dorate, preludio della gloria pasquale, “dettaglio” che evidenzia in modo straordinario come la croce, strumento di morte, sia potente “strumento” di vita.

Gli ultimi tre riquadri, immagini pasquali, meritano un’attenzione tutta particolare. La scena che fa seguito alla salita al Calvario non è, come ci si potrebbe aspettare, la crocifissione, bensì già l’annuncio del Cristo Risorto.

Il mosaico presenta, sulla sinistra, un angelo raffigurato in bianche vesti, seduto su una roccia, con la mano destra alzata nel gesto della parola: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. E’ risorto» (Mt, 28, 1-8). Al centro è la tomba vuota con la lastra tombale posta di traverso (il sepolcro del Signore ha la forma di un’edicola rotonda e richiama il monumento eretto in epoca costantiniana a Gerusalemme!); sulla sinistra stanno le mirofore il cui numero, nei testi evangelici, varia (cf. Mt 27, 56. 61; 28, 1; Mc 16, 1; Lc 23, 55; 24, 1. 10; Gv 20, 1). Se i vangeli identificano “le Marie” al sepolcro con Maria di Magdala e con Maria la madre di Giacomo e di Giuseppe (cf. Mt 27, 56), diversa – a mio avviso – è la tradizione che propone il mosaico. La donna in primo piano è Maria, la madre di Cristo: l’abito purpureo e d’oro richiama alla mente l’immagine della Vergine in trono, posta nel primo registro a destra, anch’essa immagine dell’epoca teodericiana. Anche il Crisologo, ricordando la visita al Sepolcro di Maria Maddalena e dell’altra Maria, evoca la presenza della Madre del Signore, riconoscendo inoltre, nelle due donne, la prefigurazione dell’unica Chiesa formata dal popolo dei giudei e dal popolo dei pagani:

«Maria, il solo nome della Madre di Cristo, è raddoppiata in due donne, perché qui la Chiesa, provenendo da due popoli, è rappresentata unica da due popoli, cioè dalle genti e dai Giudei, perché i primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi. Venne Maria al sepolcro. Venne all’utero della risurrezione, venne al parto della vita, perché Cristo nuovamente nascesse alla fede dal sepolcro, come era stato generato da un grembo di carne; venne per restituirlo alla vita eterna, chiuso nel sepolcro, come l’intatta verginità l’aveva portato alla vita presente. E’ una manifestazione della Divinità l’aver lasciato intatta la Vergine dopo il parto; è una manifestazione della Divinità l’essere uscito dal sepolcro col corpo. Maria e Maria vennero per visitare il sepolcro. Tu vedi che vennero non per vedere il Signore, ma il sepolcro: né cercavano tra i morti uno che ormai era vivo, poiché credevano che il Signore fosse ormai risorto» (Sermone 75, 3).

All’annuncio alle mirofore segue la rappresentazione del vangelo dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35). Secondo il racconto evangelico i due discepoli si stanno allontanando da Gerusalemme, la città della passione, morte e resurrezione del Signore: si stanno cioè allontanando dal centro della fede, dispersi nei loro pensieri d’incredulità. Il Signore risorto si manifesta loro come compagno di viaggio spiegando le Scritture e spezzando il Pane, facendo ardere il loro cuore. Questi due discepoli, resi pronti per la missione, fanno subito ritorno a Gerusalemme «dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!”. Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane» (Lc 24, 33-35). Nel Sermone 79 il Crisologo, citando questo passo lucano, esorta la chiesa ravennate a spalancare il cuore all’annuncio pasquale: «Perciò, quando due dei discepoli, che dopo la risurrezione meritarono di avere compagno di viaggio Cristo, ritornati annunciavano di avere visto il Signore, gli apostoli non giudicano follia ciò che odono, ma cosa degna di uomini; porgono orecchio, inchiodano le bocche, aprono gli occhi, spalancano i cuori e affidano all’intelligenza ciò che viene detto, così che, dopo il bollore del dubbio, bevono rapidamente dal fiume, che la lingua dei colleghi riversava, le parole della fede» (Sermone 79, 4).

Il ciclo cristologico della Basilica di Sant’Apollinare Nuovo si chiude con l’immagine degli Undici nel cenacolo che accolgono, otto giorni dopo la Pasqua, il Cristo (Gv 20, 24-29). Tra i presenti, ora, è anche Tommaso il quale non aveva creduto alle parole degli apostoli che gli avevano annunciato il Risorto: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (Gv 20, 25). Il Signore è qui raffigurato nell’atto di mostrare le ferite del costato mentre Tommaso, prostrato, lo riconosce Dio e Signore. «Perché Tommaso – chiede il Crisologo – cerca in questo modo le prove della fede? (…) Perché la mano di un discepolo si sforza di scavare nuovamente il fianco che la lancia di un empio soldato aveva aperto? (…). Tommaso provvedeva ad eliminare non solo il dubbio del suo cuore, ma anche quello di tutti gli uomini; e, accingendosi a rivelare queste verità tra i pagani, da scrupoloso indagatore cercava il modo per garantire il mistero d’una fede così importante» (Sermone 84, 8). D’altronde il Crisologo già aveva avuto modo di esortare la sua chiesa ricordando che «È profondo il dubbio di chi crede con maggiore profondità» (Sermone 79, 4).

Giovanni Gardini

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